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Santo Patrono di tutte le sciure milanesi, Camilla Cederna. |
Ormai è chiaro che il personaggio chiave di questo 2017 sia quella fu gentil donzella che zompetta per Milano e che da tutti viene identificata come “sciura” (Signora in dialetto) anche grazie a un profilo Instagram molto seguito che ne elogia gli aspetti più plateali. Ma chi è la sciura? E cosa rende sciurauna milanese che passeggia indisturbata nel suo shopping mattutino? Qui qualche indizio per render omaggio a una categoria in via d’estinzione che abbiamo tutti molto a cuore in questa nostra amata città.
Partiamo da due presupposti, la sciuraè milanese perché è qui che nasce cresce e si abbevera in quella fonte di stile e buon gusto, per storia e per tradizioni di famiglia, inoltre la sciuraè ignara di essere tale perché è un allure inconsapevole e spontaneo, non un atteggiamento studiato a tavolino o forzato.
Sciura si nasce.
Il quartier generale della sciuraè via Vincenzo Monti, sotto quel viale che si inerpica da Cadorna fino a Largo V Alpini si ripara all’ombra del filare degli alberi che svettano a sottolineare la bellezza dei piani alti di palazzi fine Ottocento con eleganti ingressi in ferro battuto e stucchi rivisitati. La vecchia e nobile Milano è tutta lì, lungo via XX settembre, via Ariosto, via Leopardi, una zona che la sciura milanese conosce bene perché scenografia della sua infanzia quando i tram sfrecciavano già e le periferie erano solo mondi leggendari e lontani.
La sciura prende l’1 e si gode lo scricchiolio dei sedili in legno e si ricorda quando da bambina chiedeva “Perché c’è scritto vietato sputare?” e salutava il signore che vendeva i biglietti seduto alla sua postazione, ora mantenuta per bellezza o addirittura smantellata.
Nata tra gli anni ’20 e i ’30 figlia di qualche industriale, ferro acciaio?, e di un’esponente di qualche elegante e in vista famiglia milanese, ha frequentato ottime scuole, Orsoline San Carlo?, per poi seguire certi dettami rigidi d’etichetta per cui “Un buon matrimonio e via sulle ali della classe agiata” nel fiore degli anni ’50 tra ampie gonne e velette.
Il marito? Un avvocato, un ingegnere, un architetto, un notaio, un industriale del tessile o un bell’ammiraglio della Marina. La casa? Un quarto piano stabile signorile d’epoca (la sciura ama il Liberty, sogna lo stile umbertino ma impazzisce per il razionalismo anni ’30 con ampi androni, luccicanti corrimano in ottone e marmi intarsiati a terra) con servizio di portineria che saluta al mattino e le chiama l’ascensore non appena la vede in lontananza tornare dalle commissioni.
Le sue zone preferite? Crocetta, Porta Romana, Corso XXII marzo, Corso Venezia, via Sant’Andrea, Foro Bonaparte e immancabilmente Brera tra strette viuzze e botteghe storiche.
La sciura veste sartoriale, predilige gonne e giacche coordinate, non è una fanatica della moda ma ama gli accessori e stagione dopo stagione snocciola al polso Hermes, Chanel in vitello e Gucci in lucertola e fibbia gioiello, regali di suoceri amorevoli prima e di mariti giramondo dopo, soprattutto negli anni ’80 quando si portava con disinvoltura tutto un prezioso guardaroba. Mezzo tacco elegante e comodo, (Ferragamo?) o acquistato da fedeli esercizi commerciali che da sempre vestono i passi d’allure delle sciure, quali Gallon e De Martini. Non manca di veletta ai funerali e di cappello ai matrimoni, impazzisce per i foulard in seta e gli occhiali vintage sono la sua passione, come i guanti che non toglie quando si arrampica sul tram. La pelliccia? Solo dopo il 7 dicembre, astrakan di giorno e visone miele quando cala il sole.
I gioielli? Di famiglia. Stretta la fede, accompagnata da un paio di carati di fidanzamento, immancabili le perle e un anellino da nulla che fu di sua Nonna, magari un opaco zaffiro e uno spento diamante giallo che però fa sempre la sua figura per l’intarsio liberty dei dettagli.
No Rolex ma piccoli Cartier, no bracciali paccottiglia ma un serpente Bulgari sfoggiato all’occasione previo ritiro dalla cassetta di sicurezza, no medaglie preziose ma qualche pietra colorata d’estate e una collanina ricordo del padre per ogni stagione.
In casa? Vestaglia di seta, camicia da notte con liseuse che fu del corredo, biancheria letto e bagno scelta da Telerie Spadari insieme alle stoffe per tende, divani e cuscini a rigoni per la casa di Santa Margherita Ligure.
La sciura non va dalla parrucchiera ma dalla pettinatrice, non indossa il cappotto ma il paltò, non prende la metropolitana ma il metrò, detesta le pubblicità ma tollera le réclame, non cammina ma volteggia, non ha fretta ma è leggiadra.
Il cane? Se maritata allora un cane di tutto rispetto come il levriero, meglio se afghano, se invece ahimè è vedova allora una piccola taglia o un frizzante cocker miele da intonare ai visoni.
I libri? Ama i gialli soprattutto Camilleri, Agatha Christie e Miss Marple ma ogni tanto si perde nelle storie dei romanzi di Dacia Maraini, Sveva Casati Modigliani e Isabella Bossi Fedrigotti, la sua scrittrice preferita? Jane Austen.
Vacanze? D’estate a Santa Margherita, Rapallo, Sanremo, Varazze, Lerici e Sestri Levante, d’inverno a Cortina, Gstaad e Courmayeur.
La sciura riceve in casa per il tè e organizza cene in famiglia con amici e parenti, ha personale di servizio in regola con contratto e divisa acquistata da Casa del bianco o Siti confezioni, tratta con grande referenza e stima la domestica e dà del lei al portiere aggiornandosi sui suoi figli e nipoti.
Cortese e rilassata, educatissima e signorile ovunque vada, ringrazia quando le cedono il posto a sedere sul tram, sorride alla commessa garbata, entra in una boutique con “Buongiorno” o “Buonasera” e se ne va sulle note di un “Arrivederci”.
La sciura accetta il tempo che scorre imperturbabile e sa che il ritmo delle vite attorno a lei è veloce, ma è sempre curiosa e informata e ci tiene all’immagine che avranno di lei i suoi cari quando non ci sarà più, molto probabilmente ha già scelto la foto per la sua tomba, di famiglia al Monumentale, ca va sans dire.
Ciò che rende distinguibile una vera sciuramilanese non è tanto l’albero genealogico, la borsa firmata o l’introvabile profumo francese che da 50 anni si spruzza in due gocce ogni mattina ma è il savoir faire che non si acquista e non si studia. L’eleganza disinvolta e quel “saper stare al mondo” nonostante i suoi tempi non siano questi, è questo il suo più grande segreto.