Quando la piccola principessa Aurora è nata le tre fate le hanno donato bellezza da togliere il fiato, capacità canore degne di Mariah Carey quando sembrava stesse soffocando e invece cantava e una vita serena fino ai quei fatidici 16 anni che l’avrebbero portata a pungersi con l’unico arcolaio del regno, per poi esser risvegliata dall’aitante principe Filippo.
Quando sono nato io evidentemente qualcosa è andato storto e le tre fate erano troppo occupate a spargersi olio di cocco su qualche spiaggia e quel 18 agosto mi sono stati donati in ordine: una stempiatura progressiva, un occhio chiaro che ha fatto credere a mio fratello che io fossi solo un bambino adottato e un dubbio gusto sulle calzature.
Ora che è ufficialmente iniziata la stagione delle caviglie al cielo ho tirato fuori le mie scarpe estive, tra il mocassino da barca che reputo un must irrinunciabile anche se la barca non ce l’hai e al massimo sali su un pedalò a Cattolica, o le mie preferite della vita: le espadrillas.
Come un pellegrinaggio religioso, ogni anno appena richiudo il cassetto delle calze fino a Ottobre, vado in quello che a mio parere è il santuario della scarpa a Milano: Gallon in Piazza Sant’Eustorgio.
Uno di quei negozietti vecchio stampo di calzature dove i signori over 70 trovano sempre quello che fa al caso loro e alla loro lombosciatalgia, per una camminata più “fluida”, sempre di moda, estate dopo estate.
Le classiche scarpe “No dai, sembrano di mia Nonna” che invece io comprerei a mazzi di dodici perché appunto, sono classiche e intramontabili.
Oltre alle espadrillas di ogni colore per cui è necessario un summit Pantone tra i più della Terra in fatto di moda, quest’anno mi sono lanciato sulle Friulane, quelle pantofoline di velluto che andavano di brutto quando Louis XIV si trasferiva a Versailles.
Scarpette leggermente scollate, chiamate anche Scarpèt-a-porter, nella tradizione friulana erano indossate dalle spose nel giorno delle nozze e nei secoli sono diventate calzature iconiche portate non solo tra le mura domestiche rinforzandole con una suola.
Non sono adatte per una scampagnata tra le frasche o la traversata dei Pirenei ma belle da portare con disinvoltura nelle cittadine di mare con un camicione fresco (NON VEDO L’ORA!) e anche in città.
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Queste solo se siete Marta Marzotto. |
Con quell’aria da “Scendo a prendere il giornale in pigiama e poi torno a letto a farmi una bella colazione”, perché giacca da camera, completi quasi utilizzabili anche sotto le coperte e babbucce di velluto, diventano il trait d’union di una moda da boudoir, che è la mia preferita s’intende.
Un’unica regola quella delle friulane: di velluto o di seta (quest’ultime soprattutto se andate in viaggio in Oriente) e in tinta unita.
E un piccolo consiglio: cercate di cacciarvi in bocca lo spazzolino elettrico prima di accenderlo altrimenti spargerete il dentifricio su tutte le superfici nel raggio di 5 metri, compresa la punta di quel paio di friulane in velluto verde appena comprate proprio come è successo a quel goffo del sottoscritto.