Era da qualche tempo che sentivo l’impellente necessità di stilare una piccola lista di buoni comportamenti sull’uso proprio e improprio di questo maledetto marchingegno che a tratti ci ha migliorato la vita, a tratti ci ha completamente allontanato dalla realtà: lo smartphone.
Nei panni di una Lina Sotis, ma senza attico in Brera, anzi Bveva, ho iniziato a pensare alla nostra vita di tutti i giorni dove l’uso spasmodico del telefono è ormai necessario.
Senza demonizzare nulla, al contrario rientro nella categoria di chi usa lo smartphone quasi al limite delle sue capacità, ho osservato le abitudini di chi frequenta una grande città come Milano, perché nella patria italiana del “Devo sfruttare ogni singolo istante della mia vita ottenendo il massimo” spesso vediamo usare il cellulare nei momenti meno opportuni.
Ecco dei piccoli accorgimenti:
SUI MEZZI PUBBLICI: che tu disgraziatamente prenda un autobus alle 7 del mattino per volare dall’altra parte della città o che possa sollazzarti a casa e presentarti in ufficio dopo le 10 trovando il suddetto autobus quasi vuoto, inciamperai sempre e dico sempre in qualcuno parla al cellulare. Le donne solitamente sono animose nei confronti delle colleghe e parlano, parlano, parlano di quella che ha fatto una smorfia a quell’altra, di quell’altra che come si è permessa di non ricordare quell’appuntamento così importante a quell’altra ancora.
Gli uomini invece amano incondizionatamente l’auricolare, perché si sentono Bill Gates e giocano con il mimo alle quotazioni in borsa. Parlano di lavoro con termini stranieri, organizzano conferences calls con l’Australia e alzano la voce quando il loro ego deve ingigantirsi davanti al popolo dell’autobus, anche se in realtà sono capo-cantieri a Marcallo con Casone e hanno i jeans che usano per imbiancare il cartongesso.
Non sarebbe meraviglioso prendere un tram, una metro, un autobus senza quel fastidioso vociare di persone che stanno sistematicamente al cellulare? Perché sarebbe ancora più bello alle 8.20 del mattino non dover esser distratto dalla lettura del proprio libro perché sul più bello senti lei che sale alla fermata di Cadorna e urla all’auricolare “HO APPENA FATTO UNA COLONSCOPIA”.
SU WHATSAPP: tenere le conversazioni di Whatsapp ormai implica un orario lavorativo a tutti gli effetti. Con il fatto delle spunte blu, l’ultimo accesso, le decine di conversazioni multiple di botta e risposta per cui sei a rischio crollo nevrotico se dopo un’ora hai 543 messaggi del gruppo “REGALO KIKKA”, passiamo le giornate a leggere messaggi che se tornassimo agli Sms a pagamento non ci saluteremmo nemmeno più per non spendere. Invece Whatsapp è un fastidioso continuo, perché puoi interagire con una conversazione di gruppo alla volta, oltre è pura follia. Per non parlare delle note vocali, alcune così lunghe che possono essere tranquillamente indicate come sequestro di persona, con quel fastidioso sistema per cui se avvicini troppo il telefono all’orecchio il messaggio si interrompe, e se invece disgraziatamente lo allontani tutti, e dico tutti, sentiranno la tua amica che urla “Oggi sono isterica, mi sa che mi devono arrivare”.
SIA BENEDETTO IL SILENZIOSO: ormai io uso il telefono senza suoneria e senza vibrazione, se qualcuno mi cerca e non mi trova dovrà essere così fortunato a cogliere il momento in cui ho il telefono sotto coda dell’occhio, altrimenti sarà ricontattato non appena sarò libero e spensierato per farlo. Perché non è possibile vivere in un mondo e districarsi tra una suoneria truzzissima, un’altra rockettara e un’altra ancora che riprende le sinfonie di Mozart. Regola d’oro, in ufficio il telefono resta silenzioso. Nessuno ha voglia di sentire la suoneria dei Kiss rovinare la pausa pranzo ogni santo giorno alle 13 in punto.
“TI DISTURBO?”: si chiama cellulare e ce l’hai sempre con te, questo significa che davvero chiunque può rintracciarti in qualsiasi attimo della tua giornata. Che tu sia impegnato a liberare l’intestino, affrontando un’operazione chirurgica o addirittura, oh ma guarda un po’, LAVORANDO. Così, se proprio non si può fare a meno di telefonare, c’è una parolina magica che aiuta a capire se non è un buon momento. Lo so, sembra incredibile che si possa avere una simile accortezza verso il genere umano ma quel “Ti disturbo? E’ un brutto momento?” ti rende più educato e socialmente accettabile.
Recenti studi scientifici di qualche università impegnata a rimpolpare le notiziole che poi saranno condivise con faccine divertite o disgustate, hanno decretato che il telefono è portatore di un quantitativo di germi quasi pari a una tavoletta di un cesso in un autogrill.
E allora perché al ristorante noi fieri e maleducati appoggiamo il nostro smartphone accanto al tovagliolo come se avesse un posto d’onore e un ordine preciso di una mise en place?
E’ l’uso che ne facciamo e soprattutto nell’educazione che ci imponiamo di seguire che fa di noi dei portatori sani di smartphone.
Abbiamo uno strumento che ci può migliorare la vita e ci può far scoprire ancora di più il mondo, basta che non viva lui per noi.