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Channel: Pezzenti con il Papillon
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SAN PIETROBURGO: COSA DOVE QUANDO

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Ognuno di noi ha nel cuore e nel portafoglio un viaggio sogno, uno di quelli che si bramano e si sperano per un famoso ponte dell’anno ma che si rimanda fino a quando la lista dei desideri è così fitta che piano piano va depennata a costo di straordinari, ferie sotto lo zero e voli in business.
Il mio era San Pietroburgo fin da quando vedendo Anastiasia da bambino ho capito che dentro di me si cela, e nemmeno troppo, una granduchessa Romanov.
Così presa la mia dolce metà e i suoi 6 sventurati amici con cui abbiamo attraversato chilometraggi infiniti per tutta Europa su un pulmino ben addobbato durante le vacanze di Natale, ci siamo organizzati per sbarcare nella grande madre Russia, questa volta su un comodo volo Milano  – Zurigo – San Pietroburgo all’andata e al ritorno il fato ha voluto che dopo la tratta San Pietroburgo – Francoforte dove poi avremmo avuto la coincidenza per Milano diventasse Francoforte – Vienna – Milano, così per diletto nostro che non subiamo mai il fascino della semplicità.

Airbnb, residenza Nevsky 6
Appartamento meraviglioso a due passi dall'Hermitage

A San Pietroburgo ad aspettarci un cielo terso e sereno, la stagione Aprile – Maggio salvo qualche eccezionale temporale è considerata una delle migliori per visitare la città anche se come nel clichè delle cose si sente dire sempre “Deve essere affascinante con la neve in inverno”, sì ok tutto vero ma quando non puoi stare fuori più di 10 minuti dubito che le temperature rigide possano farti assaporare tanto un luogo che sogni di visitare.
Il nostro appartamento, alquanto imperiale, era situato proprio all’inizio della prospetta Nevsky, in pieno centro, ovviamente trovato su Airbnb con un’infilata di stanze, un bagno con l’idromassaggio e la sauna e una serie di mobili in stile impero fatti però l’altro ieri. Una soluzione ideale per un gruppo di amici ma in generale ci sono appartamenti stupendi per tutte le esigenze (Qui trovate il codice promo per un buono di 25 euro sullaprima prenotazione, PREGO).
La città non è gigantesca e i grandi monumenti dell’impero si riescono a visitare in 3 giorni come abbiamo fatto noi ma ammetto che a mio parere altri due sarebbero stati perfetti per fare le cose con calme e incantarsi a ogni angolo di questo incredibile gioiello.

Cosa vedere?

LA CATTEDRALE SUL  SANGUE VERSATO : un tipico esempio di architettura religiosa ortodossa costruita nel luogo in cui venne ucciso lo zar Alessandro II nel 1881 in seguito a un attentato terroristico, l’ottavo precisamente, e che suo figlio, Alessandro III volle commemorare nel ricordo del padre costruendo questo eccentrico tempio sacro. Concluso nel 1907 l’interno è tutto un mosaico all’apparenza pacchiano ma è incredibile la cura e l’esagerazione dei dettagli, cupole incluse. L’ingresso costa 250 rubli (dividere per 75 per il cambio euro) circa 3, 50 euro.

Il Palazzo d'Inverno, museo dell'Hermitage
HERMITAGE: che dire se non “WOW”, uno dei musei più grandi del mondo per l’imponenza dei suoi interni e la straordinaria collezione di opere provenienti da tutte le più importanti età dell’arte del globo, non solo merita una visita ma è giusto dedicarci quasi una giornata intera. Il biglietto costa 600 rubli (8 euro) ed è consigliabile farlo online o alle macchinette che ci sono nel cortile principale dell’ingresso. E’ un’esperienza mistica per chi vuole approfondire il gusto eccentrico ed esagerato dei Romanov che qui al Palazzo d’Inverno, progettato dall’italiano Bartolomeo Rastrelli sotto la zarina Elisabetta, hanno caricato tutte le loro ambizioni. A partire dal grandioso scalone alle sale della galleria Italiana dove regnano incontrastati Raffaello, Leonardo, Caravaggio, Paolo Veronese, Michelangelo e persino un Correggio, in un’infilata di ambienti ricchissimi per stucchi, affreschi, pavimenti e affacci sulla Neva che costeggia gli appartamenti di rappresentanza.
Visitare l’Hermitage significa passeggiare nella storia di questa grandiosa famiglia imperiale che ha cercato di essere al pari, e spesso superare, il gusto artistico della vicina Europa, seguendo le mode dell’arredo, dagli stucchi barocchi, al salottino rococò che è un’esagerazione quasi kitsch, fino a quelli più sobri dell’art noveau tra cui vissero gli ultimi eredi, Nicola II con le sue figlie e lo zarevich prima della rivoluzione d’Ottobre che cancellò il passato imperiale dei Romanov.

Uno dei monumentali scoloni dell'Hermitage

Il salottino rococò

Il suonatore di liuto, Caravaggio.
La Galleria Italiana

Gli appartamenti dello zar Alessandro III
PETERHOF: a una ventina di chilometri da San Pietroburgo si trova la residenza estiva di Pietro il Grande affacciata sul golfo di Finlandia, una “piccola” casa di villeggiatura dove amava trascorrere il suo tempo con una ridotta corte in un ambiente meno “sfarzoso”, anche se a vederlo non parrebbe proprio l’esempio di minimalismo ma i Romanov erano così. Lo spettacolo più grande di questa residenza è l’opulenza dei giardini, dalla terrazza scendono infatti verso il mare fontane, putti e Poseidoni dorati in un incanto architettonico e paesaggiatisco unico. La “leggenda” dice che l’intera residenza fu distrutta nel 1942 su volere di Stalin che non voleva che Hitler organizzasse qui un grande party di Capodanno per cui aveva già diramato gli inviti. Vennero salvati gli arredi che rimangono quelli originali ma tutto il resto fu ridotto a un cumulo di macerie interamente ricostruite con un restauro grandioso dopo la guerra.
L’ingresso costa 900 rubli, all’interno c’è anche un padiglione dove organizzano un self service per il pranzo, alquanto tremendo, ma il tiramisù non era male (Non chiedetemi perché vado in Russia e mangio il tiramisù ma è più forte di me non resisto).


Peterhof, il palazzo e la fontana nei giardini inferiori
MUSEO FABERGE’: a mio parere non si può andare a San Pietroburgo senza assaporare il gusto imperiale delle uova che la maison Fabergé realizzò sul finire dell’800 per lo Zar e la Zarina custodite in uno splendido palazzo, tra i più belli della città, anch’esso restaurato in modo ineccepibile dopo la devastazione della guerra. Palazzo Shuvalov è una cornice perfetta per questa collezione unica al mondo in cui sotto a delle teche ben illuminate sono conservate una dozzina di uova imperiali, alcune con le rispettive sorprese. Tra le più belle l’uovo dei mughetti regalo di Nicola II alla moglie, la zarina Alexandra, con il ritratto su fondo avorio delle due Granduchesse ancora piccole, Olga e Tatiana. E che dire di quello che custodiva una sorpresa unica per raffinatezza e maestria di realizzazione, la fedele riproduzione della carrozza imperiale di Caterina II, la stessa che accompagnò l’ultima zarina Alexandra al matrimonio con Nicola. Un capolavoro che vi lascia a bocca aperto per la minuziosità dei dettagli e la bellezza splendente delle pietre preziose incastonate. Zaffiri, rubini, diamanti, tormaline, quarzi e bachelite. Nel palazzo sono custodite anche le collezioni di oggetti quotidiani della corte dei Romanov realizzati in smalti coloratissimi sempre dalla maison Fabergè, dalle cornici alle tabacchiere, dai pettini alle fibbie delle cinture, tutta la ricchezza imperiale anche nella semplicità di oggetti comuni per la toiletta o il tempo libero.
L’ingresso costa 600 rubli, consigliata l’audioguida che spiega tutto per filo e per segno ogni uova.


Uno dei gioielli Fabergè custoditi a palazzo Shuvalov
Palazzo Shuvalov, Museo Fabergè
TSARSKOYE SELO: altra incredibile residenza dei Romanov anch’essa a una ventina di chilometri dalla città, immersa in un immenso parco percorso da laghetti, ruscelli in una natura che sembra incontaminata ma che in realtà è stata perfezionata sotto il progetto di Bartolomeo Rastrelli che oltre al grande palazzo di Caterina ha fatto realizzare moltissimi padiglioni sparsi per far svagare i Romanov e la corte che qui si rifugiava durante le stagioni più miti.
Il palazzo è stato distrutto dai bombardamenti tedeschi e ricostruito fedelmente secondo i disegni settecenteschi, così rivivono gli stucchi e l’opulenza che rende questa residenza quasi una ferita per gli occhi tanto è esagerata. All’interno è stata anche riprodotta la famosa “sala d’ambra”, dono di Federico di Prussia a Pietro il Grande, trafugata dai tedeschi nel 1942 e mai più rinvenuta.
Il grande parco merita assolutamente una visita, i suoi padiglioni sono un patrimonio artistico l’uno dentro l’altro, dall’Hermitage di Rastrelli dove Caterina organizzava le sue feste al ponte di marmo costruito su disegno dell’architettura palladiana, si attraversano varie fase storiche come quella del giardino all’inglese dove si trova una concert Hall degna di un quadro di Constable, fino al bagno turco, tipico esempio di sapore orientaleggiante di metà Ottocento.
L’ingresso costa 150 rubli, una mezza giornata è più che sufficiente.

La residenza di Tsarkoye Selo
Dove mangiare?
Mangiare a San Pietroburgo è economico e si trova un po’ di tutto, noi ci siamo lasciati un po’ ispirare dalla cucina russa e non solo, esistono vari ristorantini carini dove fanno hamburger e c’è tutta la varietà che si cerca in una grande città.
Consigliatissimi questi per location, prezzo (mai superati i 1500 rubli a testa, circa 20 euro) e anche servizio:
Ghosti: cucina molto varia e posto super carino, vicinissimo alla prospettiva Nevsky e all’Hermitage
Yat: cucina russa, posticino delizioso a due passi dall’Hermitage
Teplo: delizioso, servizio gentilissimo e ambientazione un po’ anni ’70, meglio prenotare perché è sempre pieno e super richiesto.
Craft Brew Café: fanno degli hamburger molto buoni ed è ideale per un pranzo, posto super carino.
Bushe Bakery: il sogno di fare una colazione molto economica con dei dolci pazzeschi.

San Pietroburgo è meravigliosa e ha un fascino così particolare e quasi malinconico che rappresenta al meglio storia, cultura e fantasmi di questo mondo russo opulente e sfaccettato

RIVALITA' A CORTE: CHE NOIA

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Royal Wedding 2018

Un Royal wedding è un evento storico e mediatico dal quale si scatena una sorta di mania/ossessione, si studiano i cerimoniali, i protocolli, la posizione delle piume a seconda della rotazione terrestre per capire se quella persona ama o no gli sposi, si analizzano le palette degli abiti di tutte le invitate e si fanno supposizioni sui rapporti che intercorrono tra la famiglia reale.
È stato tutto molto bello, splendeva anche il sole su Windsor ed Harry e Meghan erano dolci, emozionati e sinceramente affettuosi.
Ci basta? Certo che no.
I rumors hanno definito la regina “nervosetta”, Kate Middleton “assente” e le cugine, le principesse di York “molto sobrie dopo la figuraccia al matrimonio di Will e Kate” come se indossare un soprabito di Valentino e un estroso cappellino firmato Philip Treacy fosse come scivolare davanti ai paparazzi cercando di sistemarsi gli slip tra le natiche.
Facciamo sempre pettegolezzi ma spesso mi immagino i membri della royal family ridere di gusto se sapessero tutto quello che viene estrapolato da una fugace espressione, uno sguardo e subito titoloni in cui si inneggia a un odio viscerale tra due che magari la volta prima si sorridono pacificamente.
Potremo mai sapere che cosa scorre realmente dietro le trincerate residenze di corte se non il vero sangue blu di casa Windsor? No.

Royal Wedding 2011


Forse poco ci è servito l’atteggiamento ossessivo subito da Lady Diana a cui piaceva stare sotto i riflettori per mostrare stile e imprese umanitarie, un po’ meno la follia di giornalisti e paparazzi che non la lasciarono in pace nemmeno dopo quel fatidico 31 agosto del 1997.
Se c’è una cosa che proprio mi annoia è la supposizione di sapere quali rapporti intercorrono tra due membri della famiglia reale, in particolare tra le donne, perché si sa che gli uomini sono soggetti al pettegolezzo solo per “tradimenti da Casanova” o perdita di capelli inattesa, mentre le donne, ah le donne quanto fanno vendere grazie a titoli evocativi “Meghan e Kate: E’ GUERRA”, “Meghan oscura Kate” con intere sezioni dedicate al confronto di stile, trucco, parrucco e addirittura genitoriali tra le due neo-cognate che convivono da nemmeno una settimana con il titolo di Duchessa di Cambridge una e del Sussex l’altra.
Più facile pensare che si detestino e che siano “due galline nello stesso pollaio”, piuttosto di ipotizzare che si sopportano con eleganza o che magari sono amiche e dentro Kensington fanno di quei pigiama party che nemmeno ci immaginiamo al sicuro da sguardi giudicatori.
Cosa dovrebbe temere Kate Middleton che ormai da 7 anni fa parte a pieno titolo della Royal Family, è Duchessa, ha 3 figli papabili eredi al trono e può sedere accanto alla Regina parlandole come spesso nessuno al mondo può fare? E Meghan perché dovrebbe tentare di oscurare la cognata quando ci sono abbastanza luci accese su entrambe?

È oggettivamente vero che tra di loro non scorrono risate spontanee e sguardi che evidenziano una forte amicizia ma questo possiamo dirlo solo attraverso le foto agli eventi pubblici in cui entrambe sono programmate per uccidere con le loro armi più affilate: gentilezza, eleganza, ricercatezza di comportamento e grande affabilità. C’è molta finzione e poca spontaneità in quello che vediamo ma così deve essere, i reali sentimenti, in tutti i sensi, sono trincerati dietro etichetta e protocolli.
Sono molto lontani ahimé i tempi delle scorribande notturne tra due principesse che si volevano un gran bene ed era chiaro a tutti gli occhi del mondo. Lady D e Sarah Ferguson.
La principessa “triste” e la folle rossa che ha infiammato i mitici anni ’90. Anche in quel caso i giornali avevano inneggiato a un clima di invidia e capricci reali tra le due, ma le avete mai viste le foto che le ritraggono insieme? Io ho creato addirittura una board su Pinterest perché sono le foto più belle in tutta la storia della Royal Family, sono autentiche.
Si è sempre favoleggiato sullo stile indiscusso di Diana evidenziato in ogni scatto ed è vero, ha un allure impareggiabile, così come è stato impareggiabile il rapporto tra le due cognate. Sarah Ferguson arriva come un ciclone nella famiglia reale dopo 5 anni che Lady D sposò il principe Carlo e grazie alla rossa consorte del principe Andrea, Diana sembra alleggerirsi dalla pressione dell’etichetta e tenta di imitare il carattere della cognata slacciandosi un po’ e mettendo in parte timidezza e senso del dovere.

ICONICHE 
Risate e risate, non ci sono foto dove Sarah e Diana non sorridano di cuore, si evince tra le due un senso di familiarità e profondo affetto come potrebbe esserci tra due giovani cognate in qualsiasi altra famiglia del mondo cosiddetto “normale”. Insieme sulle piste da sci, insieme ad Ascot a ridere tra gli spalti indossando pitagoriche spalline imbottite e grandi cappelli firmando quello che fu lo stile aristocratico degli anni ’80 – ’90. Non si può pensare che fossero rivali perché è evidente l’unione di due donne che insieme facevano la forza e sopportavano la rigida etichetta, i loro mariti totalmente eclissati dal loro carattere che piano piano è venuto fuori e forse se Lady D è diventata Lady D lo si deve anche a Sarah che negli anni è riuscita a farla spiccare tirandola dietro alle sue mattane.


Nessuno più anni '90 di loro.
Come quella volta che per l’addio al nubilato di Sarah nel 1986 uscirono di soppiatto nella notte per festeggiare tra le strade londinesi o come quelle fughe in campagna per allontanarsi da mondanità e paparazzi. Sarah e Diana sono state anche due mamme presenti che hanno cercato di essere d’esempio per i loro figli, così oggi William ed Harry sono due fratelli cresciuti e principi ineccepibili e le loro cugine Beatrice ed Eugenia, nonostante le critiche costanti per qualsiasi cosa facciano, sono legate da un rapporto sincero di sostegno al di fuori di tutti i pettegolezzi che le vorrebbero brutte, arcigne e invidiose della perfezione di Kate.
Le foto di Diana con in braccio le nipoti Beatrice ed Eugenia sono dolcissime e rappresentano in pieno quella normalità famigliare che la principessa ha sempre ricercato nonostante la persecuzione della stampa internazionale.

Sarah Ferguson e Lady D incinta del principe Harry
Lady Diana con le nipoti, le principesse Eugenia e Beatrice di York.
Sarah Ferguson ha divorziato dal marito dando scandalo con i suoi amanti, a seguirla pochi mesi dopo la fine del matrimonio tra Carlo e Diana consegnando al 1992 il titolo di annus horribilis per la Regina e la sua monarchia, il resto poi lo sappiamo, è storia.
Il 31 agosto 1997 quando Diana morì Sarah si trovava in Italia e il suo volto ai funerali della cognata/amica testimoniano una sofferenza che ancora oggi ricorda come ha detto in un’intervista “Spesso mi giro a cercare ancora un suo sguardo, mi manca molto era come una sorella”.
Vent’anni dopo nel ricordo di quel legame il principe Harry ha fortemente voluto la zia al suo matrimonio, esclusa invece a quello di William, così Sarah Ferguson in abito blu e veletta si è presentata grintosa, sorridente e felice alle nozze del nipote, come se ancora una volta potesse sedersi vicino a Diana e farsi qualche fragorosa risata alla faccia dell’etichetta.


Sarah Ferguson le figlie al funerale di Lady D. 
PAZZESCHE
Sarah Ferguson al Royal Weddind di Harry e Meghan.

LA TATA: 20 ANNI DOPO

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PAZZESCA

Che io sia un tipo nostalgico degli anni passati ormai è chiaro come il sole a mezzogiorno ma tutto questo mio sentimento per quello che teoricamente ci saremmo lasciati alle spalle è stato reso ancora più evidente da quando un mese e mezzo fa va in onda “La Tata” su Paramount Channel dal lunedì al venerdì dalle 19:40.
Quando ho visto la pubblicità ho gridato di felicità che quasi i vicini di casa si sono riuniti sul pianerottolo per capire se ero stato aggredito o avessi vinto alla lotteria, ma per me era ancora meglio di una grattata vincente perché Francesca Cacace è il mio spirito guida e aspettavo questo momento da decenni.
La Tata rappresenta quella mezz’ora di pace indisturbata che avevo prima di cena alle 19:30 quando ero ragazzino e tornavo dal centro estivo, erano gli anni ’90 e ricordo come fosse ieri la sensazione di totale spensieratezza che quegli attimi mi trasmettevano.
Felice, sereno, stavo fuori tutto il giorno, tornavo a casa, doccia, diario segreto e la Tata, fino a quando mio padre tornando dal lavoro si lamentava che sembravo uno scemo perché ridevo in sincrono con le risate finte della serie.
Era più forte di me, nella realtà mi è sempre bastata un’espressione di Francesca, un suo scendere le scale con un completo assurdo o l’ingresso trionfale in cucina di zia Assunta per farmi ridere come poche cose al mondo.

Capisco che per tanti è solo una stupida americanata  ma Tata Francesca era una di famiglia e adesso che posso tornare a cenare guardando le sue puntate tocco il cielo con un dito.
Da noi è arrivata nel 1995 ma è nel 1999 che hanno iniziato a trasmetterla su Italia 1 e sono quelli gli anni in cui noi figli degli anni ’80 l’abbiamo assaporata minigonna dopo minigonna.
E che trauma abbiamo subìto quando abbiamo scoperto che nella versione originale è un’ebrea di origine polacca e non una ciociara di Frosinone? Quando sono passato da Frosinone e non ho visto nella piazza principale una statua di Francesca ne ero abbastanza addolorato, il mondo lo meritava.
Questo dimostra però che noi italiani abbiamo creato un mito nel mito plasmando lo stereotipo dell’ebreo americano a nostro piacimento, da questa sovrapposizione sono nati zia Assunta, Lalla, la favolosa Zia Yetta, lo zio Antonio, la zia Frida e il Nonno di Francesca che con le pecore in Ciociaria ha fatto fortuna. E’ tutto geniale.

Arrederei la mia camera come la sua seduta stante.


Rivedendolo a vent’anni di distanza mi colpisce prima di tutto la modernità dei temi trattati, perché si parla apertamente di omosessualità, madri surrogate, adozioni, tutti temi che fanno certo sfondo a battute e ridicole messe in scena ma erano gli anni ’90 e se ne parlava, era all’avanguardia e ha fatto da apripista a tante sit-com che ancora oggi ci tengono incollati.
Prima di Sex and the city, prima di Gossip Girl, prima di Paris Hilton,  prima di blog e Instagram, Francesca Cacace ora avrebbe tutte le carte in regola per diventare un’influencer da podio, le sue discese di scale diventerebbero virali, i baci con il signor Sheffield il sogno di ogni millenials ma sono felice che sia rimasta quasi un nostro patrimonio, perché noi c’eravamo e senza poterlo condividere sui social ridevamo alle sue battute scoprendo in modo casuale che ci accomunava quell’appuntamento durante le sere d’estate.

MI FA SPACCARE
Rivedendo le puntate penso sempre che oggi la società convulsa e critica spesso senza ragione avrebbe da polemizzare molto sul personaggio, le battute e i messaggi sbagliati che forse in fondo potrebbero arrivare al pubblico. Francesca sarebbe vista come una sgualdrina arrampicatrice sociale con disturbi alimentari (magra e in formissima che però si abbuffa di torte alla crema direttamente dal frigo? Anoressia e bulimia, polemica immediata), zia Assunta continuamente accusata di mangiare tutto ciò che si trova sotto al naso sarebbe dichiarata curvy e direbbero che subisce bullismo quando le danno della cicciona, le femministe interverrebbero per difendere Cici Babcock e Niles tacciato di maschilismo se non fosse che anche lui è in stato di schiavitù e non è un messaggio positivo far vedere che il personale di servizio non ha spazi propri al di fuori della famiglia per cui lavora.
Non avrebbe avuto vita facile ma negli anni ’90 forse eravamo meno politicamente corretti e ragionavamo un po’ di più riuscendo a scorgere sempre il limite dell’ironia.
Dal set poi sono passate tutte le grandi star del firmamento fine anni ’90, personaggi come Barbra Streisand, mito imperituro di Francesca, Pamela Anderson, Ray Charles, Elton John, Elizabeth Taylor, Celine Dion e tantissimi altri, persino Diana che non appare ovviamente ma sempre citata  “Vado un po’ a vedere alla tele che combina Diana” dice Francesca e lì il mio cuore ha fatto il rumore di un cracker friabile.


A Parigi vestita Chanel come se fosse una campagna di Claudia Schiffer 
Ma parliamo dell’aspetto principale che ci importa più di ogni altra cosa: I VESTITI.
Se da ragazzino lo stile caleidoscopico di Tata Francesca e della sua eccentrica famiglia appariva di cornice per esasperare l’aspetto grottesco e kitsch delle sue origini, ora invece capisco l’avanguardia delle scelte per i costumi.
Come fa una Tata a permettersi un guardaroba così? Non è forse la stessa domanda che ci facevamo vedendo Carrie Bradshaw che con una rubrichetta su un giornale poteva indossare, e mai due volte,  abiti delle più importanti e costose maison di moda?
Francesca scende le scale in aderentissimi abiti di pailettes leopardate, minigonne vertiginose, completini arcobaleno, zebrati, con cerchietti in tinta su capelli cotonatissimi, non riesce mai a fare un passo più lungo del dovuto perché strizzata in tubini arrampicandosi su tacchi spillo anni ’90 tacco 12 ma sempre impeccabile con le calze.

Non sembra una campagna Gucci? 

Ineguagliabile
A primo colpo d’occhio sembrano assurdi e di cattivo gusto  ma studiando gli outfit capiamo quanto la moda non si inventa nulla ma si re-inventa perché tantissimi capi sono facilmente rintracciabili nelle collezioni di oggi ed è per questo che vent’anni dopo ancora siamo qui a impazzire per lei.
Pelliccia bianca, sintetica eh (non è avanguardia questa?), e occhiale ovale dolce vita  e mini in tinta, non sarebbe difficile incontrare qualche fashion editor milanese vestita così alle sfilate di febbraio, e sono passati più di 20 anni.

Francesca porta tailleur con orlo a spighetta Chanel, borse eccentriche di Moschino, abiti di Azzedine Alaia, top di Fendi in un potpourri di colore, stile e cattivo gusto ma con un’estetica così forte e divertente che con altre scelte non avremmo avuto questo meraviglioso risultato (così come non avrei una board dedicata su Pinterest).
Insomma non saranno argomentazioni sui massimi sistemi, non si affronteranno così le ultime crisi politiche del paese e non crescerà il mio quoziente intellettivo ma per quell’ora e mezza mentre brucio la cena rido a crepapelle e Francesca Cacace in tutta il suo splendore kitsch mi tiene una gran compagnia facendomi rivivere quei spensierati anni ’90 che lei sa restituirci.

PRIDE: OGNI ANNO LA SOLITA SOLFA

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Giugno è il mio mese preferito, per quella ormai passata e lontana nel tempo sensazione di pace e leggerezza per la fine della scuola, le prime corse in bicicletta, le prime t-shirt bianche che minimizzano la pezza sotto l’ascella e quel giorno che si allunga fino alle 21. E’ anche il mese del Pride, una celebrazione mondiale in cui per settimane le bandiere arcobaleno si affacciano in tantissimi paesi che sfilano per una cosa che forse dovrebbe starci più a cuore: la libertà.
Ogni anno si scatenano violente polemiche, sterili e sempre uguali senza neppure la fantasia di apportare “interessanti” novità, per quanto riguarda la mancanza di pudore e di discrezione di questi cortei, pacifici in ogni loro mossa, che a detta di alcuni paiono solo un grande circo in sfilata.

Non so quante volte ho visto sui social postate foto di personaggi così un po’ provocatori per costruire deprimenti post “Voi fareste adottare un bambino a questi!!111!!!1!” con l’esplicita volontà
di muovere la compassione e l’ignoranza della categoria buongiornissimo caffè.
La domanda che ricorre sempre nella mia testa è: ma voi ci siete mai andati a un Pride?
E non parlo di Gay Pride perché da tempo l’etichetta si è svelata contraddittoria spesso per gli stessi partecipanti che ogni anno vengono coinvolti in una marcia i cui valori sono molteplici.
Politici ancorati all’idea dell’omosessualità vissuta come una perversione molto lontana dalle mura delle loro casa in cui uomini vestiti in pelle mostrano chiappe all’aria, brandiscono malattie veneree e che non cercano il coinvolgimento sentimentale ma solo sesso promiscuo, è questa l’immagine che hanno di una “categoria” che come sempre viene dannatamente stereotipata e strumentalizzata per una medievale proposta politica.


Questi “rappresentanti” del nostro emisfero politico ci sono mai andati a un Pride? Si sono quantomeno affacciati dal balcone per vedere chi davvero partecipa a questa manifestazione che criticano e indicano come non necessaria?
No, altrimenti forse capirebbero e non parlerebbero così. E il mio è un invito, provateci almeno una volta a parteciparvi e a soffermarvi sulle persone che sono lì accanto a voi, sono convinto vi ricredereste.
Sono anni che ci vado e alla fine della giornata mi rimane un entusiasmo e un’adrenalina da concerto di Beyoncé perché la città, Milano nel mio caso ma sono tantissimi i cortei in tutta Italia anche se ancora troppo pochi, si tinge di colori e di musica e di messaggi positivi.
Carri di associazioni di ogni tipo, dallo sport alla cultura, dalle famiglie arcobaleno a chi volontariamente organizza sportelli d’ascolto e combatte l’omofobia per chi non ha la forza di aver voce. La musica, le bandiere, addirittura le ballerine brasiliane o le majorette filippine in un turbinio di colori e un unico grande e significativo scopo: esserci e urlare di esserci.
Non importa se sei etero, gattara, gay, lesbica, trans, bisessuale, bianco, nero, giallo o arancione per un’abbronzatura spray venuta male, al Pride ci puoi essere e ti sentirai rappresentato da tutti e con tutti.

È questa la sensazione più bella, far parte di un mondo che esiste e che trova lo sfogo di dire “ci sono eccomi qui non aver paura sono uguale a te”. Ci sono bambini, incredibilmente felici e non maltrattati o deviati, accompagnati da genitori qualunque a rappresentare quella famiglia del Mulino Bianco perché non è detto che la sovrastimata famiglia tradizionale debba combattere per mantenere elitari i diritti che ha già in virtù di un retaggio culturale da mettere in discussione.
Ci sono i genitori orgogliosi di ragazzi gay e di ragazze lesbiche che magari all’inizio hanno fatto fatica ad accogliere l’omosessualità dei propri figli ma solo per paura di una vita più difficile e sono lì a sfilare con loro perché tutto si affronta e un figlio gay non è nulla di insuperabile.

Abbiamo Ministri che vogliono chiudere i porti, che affermano che le famiglie arcobaleno non esistono e che l’istituzione famiglia è solo formata da madre + padre (E gli orfani? I bambini cresciuti con i Nonni? Sono meno famiglia forse?) portandoci a un periodo storico che non dovrebbe appartenerci perché superato il secondo millennio ci dimostriamo meno avanguardisti dei greci e dei romani e siamo in ritardo su tantissimi argomenti civili rispetto a paesi che per storia e cultura dovremmo comandare con la bandiera arcobaleno avanti a tutti.

Non so come sia possibile essere arrivati, o esserci fermati, a questo punto, è come se sbagliassimo tutte le mosse su una scacchiera facendoci mangiare da egocentrici rappresentanti del populino che si divertono a contrastare la volontà che abbiamo di avere diritti civili per tutti.
Pago la Tari come te ma io e il mio compagno non esistiamo come nucleo famigliare?
Niente il 30 giugno a Milano sarà più importante di sfilare per le strade inneggiando a una libertà che non è solo nostra ma di chi verrà dopo di noi e che dalla nascita potrà scegliere chi amare senza mai sentirsi sbagliato. Questa sì che sarebbe un’autentica vittoria civile.

LE ISOLE AZZORRE: SANTA MARIA, FAIAL, SAO MIGUEL

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Quando si cerca una meta per le vacanze tutto diventa un po’ confuso e ricco di grandi aspettative, solitamente io quando viaggio non mi immagino nulla e tutto è talmente wow quando arrivo a destinazione che poi vivo a tre metri da terra fino al ritorno a casa. Per carattere e spirito di avventura mi entusiasma anche andare a 10 chilometri da casa quindi che sia vicino o lontano il viaggio è sempre un’esperienza che mi porto con me per molto tempo.
Le Azzorre sono stata una vera avventura, un luogo che per natura, stile di vita e paesaggi incredibili sono già nella mia top list dei viaggi più belli e indimenticabili che abbia mai fatto.
Questo arcipelago di 9 isole nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico, scoperte nel 1427 e poi sfruttate nel XIX secolo per la caccia alle balene, non sono ancora meta di grande turismo e questo può essere un motivo in più per chi cerca una destinazione particolare, soprattutto selvaggia e dove i paesaggi tra Oceano e ortensie blu fanno da sfondo a tutto.
In questo viaggio noi abbiamo scelto 3 isole totalmente diverse l’una dall’altra ma dove abbiamo trovato sempre cose meravigliose da vedere e da fare che ho raccolto nel mio solito taccuino e che qui ripropongo in modo che possa essere utile a chi deciderà di farsi ispirare da questi posti.

Volare sulle Azzorre è facile e sono sicuro che per voi sarete più fortunati di noi in quanto avevamo pensato a un volo Milano – Lisbona con deliziosa cenetta nella città e il giorno dopo volare da Lisbona alla prima isola con la compagnia che collega tutte le isole, la Sata, ma ci hanno cancellato un volo e quello acquistato per partire la sera stessa era overbooking e ci hanno lasciato a terra, per un soffio non abbiamo dovuto rinunciare al viaggio, ma grazie a ostinazione e scenate isteriche abbiamo perso solo la notte a Lisbona e giunti direttamente nelle Azzorre iniziando così il viaggio tra le isole  Santa Maria, Faial e Sao Miguel.

ISOLA DI SANTA MARIA:
è una delle più piccole isole delle Azzorre e la più occidentale, l’aeroporto è minuscolo e fin da subito si capisce quanto tutto sia a misura d’uomo e soprattutto “selvaggia”. La cittadina più importante è a 3 km dall’aeroporto, Vila do Porto, raggiungibile con un tassì per soli 7 euro.
I turisti sono pochissimi ma molto ben accetti, c’è qualche hotel e anche un ostello ma noi abbiamo scelto una casetta (ce ne sono davvero pochissime) trovata come sempre su Airbnb (vi lascio qui il codicepromo di 25 euro sulla prima prenotazione) ben arredata e molto semplice con unbel patio esterno sul retro dove poter cenare e stare in tranquillità. Il proprietario è stato di una gentilezza rara e così abbiamo avuto il primo approccio con la gente del posto, persone accoglienti, disponibili e per nulla infastiditi da quei pochi turisti che ammirano la loro isola.

COSA VEDERE?
essendo l’isola così piccola in tre giorni pieni abbiamo visto tutto quello che ci interessava e il quarto ne abbiamo approfittato per rilassarci e goderci in panciolle il paesino di Vila do Porto e fare una passeggiata al porticciolo al tramonto. In questi tre giorni abbiamo girovagato dappertutto tra Oceano, cielo azzurro, villaggi incantevoli e scorci mozzafiato.

La spiaggia a cui si arriva da Vila do Porto per andare a Praia Formosa
La passeggiata è tutta così, Oceano, cielo, mucche e cavallini
Passeggiata a Praia Formosa: a mio avviso la cosa più bella da fare a Santa Maria è questa splendida passeggiata che parte da Vila do Porto (esattamente nella parte bassa della città dove c’è la chiesetta e il punto panoramico sul porto, a sinistra inizia il sentiero, tenete presente sempre il segnale giallo e rosso che dovete seguire) e arriva a Praia Formosa, la spiaggia più bella dell’isola, paradiso dei surfisti ma non solo. Questo per noi è stato il primo approccio con le Azzorre e ci ha lasciato sgomenti, un sentiero a mezza costa sull’Oceano in mezzo al silenzio, ai prati, a una vegetazione rigogliosa e alle mucche che pascolano. A un certo punto il sentiero scende su una spiaggia stupenda e deserta in cui l’Oceano ha dei colori da mare della Sardegna, l’ideale per fare un pic nic con il pranzo al sacco e poi riprendere la strada sugli scogli verso Praia Formosa dove poi rifocillarsi al baretto O Pachete. Sono 7,5 chilometri all’andata e 7,5 chilometri al ritorno, è bene munirsi di acqua e scarpe adatte perché non è una passeggiata da ciabatte, al ritorno noi avevamo finito l’acqua e un contadino portoghese ci ha fatto capire che potevamo bere da un rubinetto che usava per riempire la tanica da lasciare per le mucche, un esempio della gentilezza e del calore delle persone del posto. (No non abbiamo preso la salmonella).

La piscina naturale ad Anjos.
Anjos: sull’isola c’è un solo autobus che fa il giro in tondo di tutti i paesini una volta al mattino e una volta alla sera, così ci siamo trovati a dire “Beh allora che saranno mai 5 km” per arrivare a piedi ad Anjos da Vila do Porto. In effetti è anche difficile sbagliarsi perché c’è una sola strada e si attraversa l’isola da sud a Nord- Ovest.
Tra campi, mucche, cavalli e paesaggi sterminati dominando il blu dell’Oceano la strada è meravigliosa e se siete fortunati come lo siamo stati noi magari qualche ragazzo locale si ferma e vi da’ un passaggio senza nemmeno dover fare l’autostop con il dito come ai vecchi tempi. 
Anjos è un minuscolo gruppo di casette bianche sull’Oceano dove passò Cristoforo Colombo al ritorno dall’America nel 1493. Qui tornano gli Azzoriani in vacanza e si divertono nelle piscine naturali. Tra gli scogli l’Oceano ha scavato due piscine naturali che sono state modernizzate con spalti e passerelle per consentirne l’accesso a tutti, bambini compresi. Completamente gratuito e con anche il servizio di salvataggio è un posto splendido dove passare una giornata di sole e di tuffi con pranzo al baretto che si affaccia sul blu.


Giro dell’isola in un sol giorno: per girare tutti i luoghi più belli dell’isola basta un solo giorno di noleggio d’auto (a Vila Do Porto c’è un rent a car che si chiama Ilha do sol) a 49 euro e si parte per un percorso meraviglioso attraverso l’entroterra, i boschi e i tanti punti panoramici, i famosi miradouro, che è sempre meglio non perdere.
Da Vila do Porto la strada si inalbera tra piccoli villagetti e scende a picco sull’Oceano dove si affaccia a sinistra il paese di Maia (anche qui ci sono delle piscine naturali) e a destra sul promontorio domina la vista il faro di Ponta do Castelo, un luogo magico. Utilizzato come faro e come avvistamento per le balene è un posto meraviglioso, al di sotto una stradina arriva a una piccola spiaggia dove il blu e l’azzurro invitano a tuffarsi nella solitudine del silenzio, sono infatti luoghi dove si incontrano al massimo 2 persone se si è sfortunati.
Riprendendo la macchina poi è d’obbligo una capatina con tuffo e pranzo al baretto della spiaggia nella meravigliosa Baia de Sao Lourenco, un luogo che vi lascerà senza fiato.  È una baia dove l’Oceano ha un’acqua trasparente e strepitosa, la sabbia è chiara e tutto è incorniciato dalle alture verdi circostanti con i terrazzamenti che qui sono tipici. Il paesino è abitato solo d’estate (durante l’anno ci sono solo 10 abitanti) ed è costituito da casette bianche con righe colorate bellissime, è un posto magnifico.  Ritornando verso Vila do Porto ci si può fermare anche a Santa Barbara, un piccolo villaggio nel verde delle Azzorre, noi siamo riusciti anche a fare merenda a Praia Formosa prima di restituire la macchina a noleggio, finendo così il giro completo dell’isola.

Il faro di Ponta do Castelo, a sud-est dell'isola. 
La baia di Sao Lourenco vista da un miradouro sulla strada.
La baia di Sao Lourenco con la piscina naturale sulla spiaggia

DOVE MANGIARE?
Non sono abituato a seguire Trip Advisor nella ricerca dei ristoranti ma mi faccio ispirare dal posto quando sono lì, in particolare a Vila do Porto essendoci così poca gente e poco turismo siamo andati sempre a caso trovando così dei posticini deliziosi ed economici dove si mangia molto bene.

A Travessa: una caffetteria molto carina che fa anche snack per pranzo e cena, siamo andati sempre lì a fare colazione sia perché era a un minuto da casa sia perché la ragazza che ci lavora è adorabile e il primo giorno pagando il conto mi ha detto “I love your eyes”, ci vuole poco per fidelizzarmi. In più hanno il latte e cioccolato che non sarà mai come il latte e Nesquik ma perlomeno ci si avvicina.

Os Marienses: un ristorante che fa pesce, location abbastanza tremenda ma il personale è gentilissimo e abbiamo mangiato un ottimo trancio di salmone e antipasto di baccalà, eravamo entusiasti anche perché era la prima sera e arrivavamo dal pranzo in aereo che è tutto tranne che saporito.

Moon Light: un piccolo giardinetto nel cortile interno e un simpatico signore portoghese che ci ha fatto degli hamburger gourmet a sua scelta, ci siamo fidati ed era tutto felice, per Ferragosto organizza una serata danzante e in effetti la sua scelta musicale anche per la cena non era male con una playlist pop in cui brillava Britney Spears.

Club Naval: avevamo letto Yacht club e pensavamo fosse un ristorante stellato in cui ci avrebbero preso a picconate la carta di credito, e invece è un baracchino sul porto dove una cameriera gentilissima ci ha accolto in una nuvola di gioia. Pesce fresco e vino della casa per un conto che sembrava inverosimile (34 euro in due), è il mio preferito di Vila do Porto.

Garrouchada: servizio lento e location discutibile ma si mangia bene e quando sei in vacanza basta che ti portino un mezzo litro di bianco della casa e stai in pace con te stesso. Nel cuore di quella notte dopo la cena però ci siamo ricordati che non ci hanno mai portato le patate arrosto che avevamo ordinato insieme alla carne, buonissima, vorrà dire che sarà per la prossima volta.

Central Pub: l’ultima sera siamo stati qui perché la gente del posto affollava questo piccolo ristorante-pub e ordinava pizze su pizze, così ci siamo lasciati convincere e abbiamo provato. Non è la pizza più detestabile della vostra vita ma nemmeno quella più buona sia chiaro.


ISOLA DI FAIAL:
lasciata Santa Maria siamo giunti nella seconda isola, Faial, che si trova vicino ad altro due isole, Pico e Sao Jorge, nella parte centrale dell’arcipelago.
Faial è leggermente più frequentata di Santa Maria ma anche qui scorci e paesaggi si affacciano nel silenzio di fronte a un blu dell’Oceano davvero incredibile.
Il paese più bello dove conviene alloggiare è Horta, un porticciolo che fu importantissimo nelle rotte commerciali con le Americhe e per le telecomunicazioni costellato da palazzetti di tinte pastello dove vi erano telegrafi e servizi postali.

La vista al tramonto dalla nostra casetta del pescatore.

COSA VEDERE E COSA FARE?
Faial è piccola quasi quanto Santa Maria e in due – tre giorni si riescono a vedere i suoi paesaggi più belli così come rilassarsi in spiaggia o nelle piscine naturali in alcuni dei punti più suggestivi.

Whale Watching: l’esperienza più emozionante è sicuramente uscire in barca per avvistare le balene che qui affollano l’Oceano tra le isole di Pico e Sao Jorge. Ci sono varie organizzazioni che si avventurano ogni giorno ma consiglio di scegliere Naturalist, una start up ideata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Lisbona che rispettano, tutelano e studiano gli animali marini e non solo di questa zona. Hanno uno shop a cui chiedere informazioni al porto di fronte all’hotel Canal e sono proprio loro che si occupano di affittare la casa del vecchio pescatore.
Nell’uscita in barca si vedono non solo le balene che risalgono in superficie per poi immergersi nuovamente mostrando la grande pinna, ma anche tantissimi delfini che giocano con le onde, squali e le berte, uccelli che qui si fermano durante le migrazioni e che di notte emettono dei suoni quasi divertenti.

Una balena si immerge a largo dell'isola di Pico.
Un gruppo di delfini gioca e salta a pochi centimetri da noi.

Porto Pim: un angolo di pace a cinque minuti a piedi da Horta, una baia dove si affaccia una spiaggia e un porticciolo su cui è bellissimo cenare al tramonto.

Le gigantesche ortensie di Faial sulla strada verso la Caldeira
Giro dell’isola in un sol giorno: con l’affitto del motorino Faial diventa a portata di mano organizzando una giornata di meraviglie visitando i suoi punti più splendidi. C’è un rent a scooter proprio sul porticciolo nel giardinetto di fronte al cafè Internacional, è un baracchino minuscolo ma il signore di poche parole vi può trovare un motorino per 30 euro al giorno.
Prima di partire per la giornata su due ruote prendete panini e pezzi di rosticceria già pronti alla panetteria PADARIA POPULAR, sei euro di bontà da gustare in un luogo meraviglioso dell’isola.
La prima tappa è la Caldeira,un lago vulcanico prosciugato in seguito all’eruzione del vulcano che si domina dall’alto e da cui si arriva serpeggiando una strada con cespugli di ortensie blu alti due metri, una cosa suggestiva già così.
È inutile arrivare alla Caldeira, fare la foto e andarsene, perché la parte più bella è poter camminare per gli 8 chilometri di sentiero che sulla cresta seguono tutta la circonferenza del lago, potendo ammirare la vista sull’Oceano e ondate di ortensie blu che lasciano le lacrime agli occhi per giorni.
Dopo un pranzo al sacco in questa meraviglia della natura si può riprendere il motorino e scendere fino a Varadouro, altro luogo che vi lascerà d’incanto. Qui le piscine naturali sono così ben studiate che ci sono trampolini e punti da cui tuffarsi nel blu più blu. Una meraviglia.

Un mare di ortensie sulla Caldeira
DOVE MANGIARE?

Cafè Internacional: inaugurato nel 1926 in un palazzo antico color verde pastello, questo cafè ha ancora gli arredi originali del tempo e un’atmosfera da vecchio porto dove andavano e venivano merci, storie e rotte. Ideale per la colazione nonostante non abbiano latte e cioccolato.

Cafè Internacional
Canto da Doca: sul porticciolo sulla stradina verso Porto Pim c’è questo ristorantino delizioso a cui magari non si darebbe nemmeno una stellina ma in realtà è una vera chicca. Ti servono un mix di carne e pesce fresco crudo da grigliare direttamente tu su una lastra di pietra lavica incandescente. Qui ho cucinato il petto di pollo alla piastra alla Elisabetta Canalis più buono della mia vita.

Pousada: sul porto si affaccia questo fortino del XVI secolo trasformato in hotel e ristorante, mangiare pesce fresco nel giardino mentre il cielo diventa rosa al tramonto guardando il vulcano di Pico è uno sfizio da togliersi.

Taberna de Pim: altra cena altro tramonto suggestivo, questa volta su Porto Pim, un ristorantino delizioso dove il servizio sarà stato anche lento ma la cameriera gentilissima e il suono dell’Oceano misto alle berte gracchianti hanno reso tutto molto bello, attesa inclusa.

Club Naval: posto niente di che ma bisogna provare la famosa francesinha, una botta ipercalorica che vi farà grassi ma felici.


ISOLA DI SAO MIGUEL:
l’ultima tappa di questo viaggio è stata l’isola di Sao Miguel, la più grande e soprattutto la più battuta per commercio, porto, turismo grazie ai voli con il Portogallo e non solo. Diventa quindi uno scalo imprescindibile anche perché la compagnia aerea Sata nelle tratte tra le altre isole spesso fa tappa qui. Arrivando da Santa Maria e Faial il primo impatto sarà sicuramente brusco perché c’è più turismo di massa e si innalzano palazzoni e orrendi hotel sulla spiaggia, cosa che nelle altre isole erano impossibili da trovare.
La città più grande è Ponta Delgada raggiungibile con 10-12 euro di tassì dall’aeroporto, conviene cercare l’alloggio qui perché si trova tutto e il centro è carino. Purtroppo in questa tappa non posso consigliarvi la casa trovata su Airbnb perché era abbastanza bruttina con la finestra della camera da letto che dava sul marciapiede di una strada trafficata, era in un quartiere sul mare, Sao Roque, comodo per andare nelle spiagge della zona ma brutto e malandato.

Parco Terra Nostra nel rigoglioso verde tra palme e fontane
COSA VEDERE?
L’isola di Sao Miguel è grande per estensione quindi conviene affittare una macchina o un motorino (32 euro al giorno da ANC, un baracchino sul porto di fronte al casinò) per tutta la permanenza così da poterlo usare anche per andare a cena o raggiungere il centro in qualsiasi momento.

Lago di Furnas: circa 40 chilometri da Ponta Delgada si estende questo lago di montagna immerso nella natura e circondato dal verde, qui alcune famiglie ricche costruirono le loro ville per godere del fresco e delle acque sulfuree. Infatti sulla riva si vaporizza l’acqua bollente ricca di zolfo grazie alla quale alcuni ristoranti e cittadini della zona cucinano interrando le pentole. Anche il paesino di Furnas merita una visita, è un villaggio carino e ci sono ortensie ovunque.

Parco di Terra Nostra: nel 1848 una ricca famiglia costruì qui una villa su un’altura ampliando generazione dopo generazione il circostante parco che ora è un meraviglioso giardino botanico dove canali, laghetti e stagni offrono scorci incantati. La particolarità sta nelle acque che qui sgorgano, acque termali a 37 gradi in cui è possibile immergersi in vasche sparse qua e là nel parco. Vale assolutamente la visita (8 euro l’ingresso) soprattutto quando le 600 specie di camelie sono in fiore.

Lago das setes Cidades
Lago das setes cidades: armandosi di felpa, scarpe comode e pranzo al sacco è meraviglioso passare la giornata sulla riva di questo lago, la strada che arriva è già uno spettacolo perché si arrampica sulle montagne e scende in picchiata circondata da enormi cespugli di ortensie.
Sembrano due laghi, sono definiti lago azzurro e lago verde, ma in realtà è un unico lago diviso da ponte. Un sentiero percorre tutta la riva della parte più piccola, all’inizio sembra un sentiero semplice poi diventa più “impervio” e si infila tra una fitta vegetazione, è meraviglioso.

Spiaggia di Sao Roque e Milicias: una delle caratteristiche più belle di queste isole è che prima sei su un lago di montagna tra fronde e natura selvaggia e dopo mezz’ora di motorino puoi tuffarti nell’Oceano rilassandoti sulla sabbia di origine vulcanica. Sono belle e ben servite le spiagge di Sao Roque e Milicias, l’acqua è pulita e quando non ci sono le onde è bellissimo.

Caldeira Velha: vicino a Ribeira Grande ci sono queste acque termali calde che sgorgano direttamente dalla roccia immerse in una natura incontaminata. Ci si può immergere in varie vasche con acqua calda a 37 gradi e in una più grande dove si tuffa una cascata con una temperatura intorno ai 26 gradi. È piacevole e suggestiva la panoramica circostante anche se è un luogo battuto dai turisti (ingresso 8 euro con l’accesso alle vasche, 3 euro solo l’entrata).

Salto do Cabrito. 
Caldeiras di Ribeira Grande: lo stesso giorno della Caldeira velha si può fare anche un piccolo percorso partendo dalla stazione termale dimessa di Ribeira Grande, un pranzo al sacco e poi dritti a camminare. Un sentiero circolare di 8 chilometri attraversa vari punti, dalla centrale idroelettrica al Salto do cabrito, una cascata in mezzo alla foresta dove è possibile anche fare il bagno. Il sentiero è molto bello e sembra di stare in un film di Indiana Jones percorrendo la tubatura della centrale. Si ritorna poi al punto di partenza con un tratto in mezzo ai campi di mucche e uno splendido viale di tigli.


DOVE MANGIARE?
A colazione essendo sempre di passaggio ci fermavano alla spiaggia Milicias, solo perché abbiamo scoperto un baretto che aveva degli ottimi muffin e il latte con cioccolato, ma senz’altro non lo consiglio se non a chi alloggia nella zona di Sao Roque come noi.

Tasca:: un ristorantino molto rinomato a Ponta Delgada dove fanno dell’ottimo pesce fresco accompagnato dal vino bianco della casa, è consigliabile prenotare perché inserito in molte guide. È qui che senza prenotazione abbiamo avuto l’ultimo tavolo disponibile perché captando per strada 3 italiani che stavano andando lì li abbiamo superati grazie al mio passo alla milanese.
Ps: imperdibile il polpo impanato con salsa di cipolle caramellate, squisito.

O Corisco: sempre a Ponta Delgada un ristorante carino e anche consigliato credo da Trip Advisor ma se volete seguire Lorenzo Advisor io cercherei qualcosa di più tradizionale e meno impostato.

Pe Na Areia: sulla spiaggia Milicias c’è questo bar – ristorante scoperto per puro caso dove si mangia bene e il personale è davvero gentile. I tavoli danno direttamente sull’Oceano ed è bellissimo al tramonto, fanno sempre anche musica dal vivo, se siete sfortunati come noi si esibirà un tizio insopportabile che canta peggio di Pierò Pelù, altrimenti una portoghese con un certo allure.


In conclusione posso dire senza alcuna remora che le Azzorre sono stato un viaggio incantato attraverso scorci e panorami dalla bellezza incontrastata. Sono isole che non hanno nulla a che invidiare alle altre mete vacanziere in Grecia o in Spagna, certo bisogna essere fortunati con il tempo come lo siamo stati anche noi ma credo che il fascino di questi posti sia oggettivo e non dipenda da alcuna temperatura media stagionale.
A rendere tutto ancora più bello e indimenticabile non solo il compagno di viaggio più speciale che sia apparso su questo pianeta, biscottino, ma anche le persone incontrate che ci hanno accolto e viziato in questa loro terra magica e quasi dondolante nel tempo.

5 DONNE, 5 VITE A MILANO

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Mai come in questo periodo storico Milano è il centro di un mondo che si distingue per cultura, arte e protagonisti attivi che muovono i fili di questa città promuovendo mostre, fondazioni, spettacoli ed eventi negli angoli più belli ma anche inaspettati che abbiamo. Anche nello scorso secolo Milano è stata terreno fertile di nomi illustri ma oggi vogliamo ricordare 5 donne che per intelligenza, acume e grazia sono ancora vive nei loro luoghi del cuore

Alda Merini, poetessa e scrittrice nata, cresciuta e vissuta a Milano (1931-2009), ha respirato a pieni polmoni la sua città e soprattutto la vita energica e semplice del suo quartiere che mai ha abbandonato, i Navigli. Qui armata di sigaretta e una dolce nostalgia scriveva e tesseva le fila della sua letteratura riconosciuta dai più. Dopo la sua scomparsa molti degli oggetti della sua casa in Ripa di Porta Ticinese 47 sono stati trasferiti in uno spazio visitabile a lei dedicato in via Magolfa 32.

Alda Merini, crediti foto: www.lifestar.it

Biki, ovvero Elvira Leonardi Boueyeure (1906-1999) è la stilista che più ha rappresentato la moda italiana tra gli anni ’40-’50, sotto al suo ago e filo sono passate tutte le gran dame e le aristocratiche di punta dell’epoca che accalcavano il suo atelier milanese in via Senato 8, fucina di abiti da sera e gran gala, lingerie, addirittura costumi da bagno. Nel 1957 incontra una malvestita Maria Callas che sotto l’occhio critico e clinico di Biki diventa così la splendida soprano consacrata al bel mondo. E’ nel 2015 che Biki viene iscritta nel famedio del Cimitero Monumentale riposando tra gli illustri della città.

Biki, crediti foto: www.emmemagazine.it

Camilla Cederna, giornalista e scrittrice milanese (1911-1997) è stata una penna leggiadra e schietta de “L’Europeo”, qui firmava come redattrice articoli di costume e mondanità descrivendo usi e modi di dire di tutta quella crema della società di cui faceva parte anche se con un ironico distacco. Ha raccontato una divertente Milano attraverso gli occhi di tutte le classi sociali, dalle divine indiamantate ai tassisti, lasciando poi il lato frivolo per raccontare la cronaca nera in seguito alla strage di Piazza Fontana. Viveva in via Brera 17 e recentemente le è stato dedicato il giardino di fronte alla Statale in via Festa del Perdono.

Camilla Cederna, crediti foto: Getty Images

Franca Rame, attrice di teatro e drammaturga (1929-2013) insieme al marito Dario Fo, sposato nel 1954 nella basilica di Sant’Ambrogio, è stata un volto della nostra tradizione televisiva, teatrale e cinematografica, oltre che senatrice dal 2006 al 2008. A Milano un luogo  che ancora vive grazie al loro impegno è la palazzina Liberty di Largo Marinai d’Italia, un edificio abbandonato che nel 1974 venne occupato dal loro collettivo teatrale e reso un crocevia di arte e politica in quegli anni caldi e impegnati, oggi si tengono concerti e manifestazioni culturali. Dario Fo e Franca Rame riposano vicini al Cimitero Monumentale.


Franca Rame nel 1967, crediti foto: lapresse

Wally Toscanini (1900-1991) è nata ricevendo un applauso dall’orchestra della Scala che il padre, Arturo Toscanini, stava dirigendo durante le prove del Lohengrin. Figlia del più grande direttore d’orchestra della storia e volto fisso della mondanità milanese che la rese celebre tra abiti, gioielli e amori scandalosi. Immortalata da Alberto Martini in un ritratto che celebra i gloriosi e scintillanti anni ’20, Wally è diventata negli anni successivi il simbolo del legame tra Milano e il maestro trasferitosi a New York perché dichiaratamente antifascista, ai suoi grandi sforzi si deve la ricostruzione della Scala dopo il bombardamento del 1943. Wally ha sempre vissuto nella grande casa che il padre acquistò con i suoi primi risparmi in via Durini 20, là dove grandi personalità della cultura mondiale fecero capolino e salotto.


Wally Toscanini a braccetto con il padre Arturo Toscanini e la figlia Emanuela, 1953, crediti foto Keystone/Hulton Archive/Getty Images


CROAZIA E MONTENEGRO IL TOUR

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I nostri viaggi sono sempre dettati da due fattori: casualità e curiosità. Così parlando di un’eventuale meta estiva per le nostre vacanze tra i vari paesi che ci hanno subito attenzionato c’era il Montenegro, l’idea di non prendere una sfilza di voli o un treno (visto le ultime vicissitudini a riguardo) ci hanno convinto.
Il Montenegro on the road è stata una bellissima scoperta, fatta di affascinanti paesaggi, una storia riscoperta e un popolo che ha voglia di modernità, accoglienza e soprattutto turismo intelligente.
Il nostro è stato un viaggio a tappe, da Milano ci siamo rifugiati prima sulle Dolomiti ad Auronzo di Cadore, siamo scesi a Trieste visitando lo splendido Castello di Miramare (Con meravigliosa cena di pesce al ristorante “Il salvagente”) e oltrepassando il confine croato abbiamo dato inizio a questo tour che qui riporto, sia mai che possa essere di ispirazione a qualcuno.
Se volete vedere posti e trovare i tag sul mio Instagram ci sono le stories in evidenza


SIBENIKIN (Sibenico, Croazia) – 1 notte
Per spezzare il viaggio da Trieste siamo arrivati in questo piccolo paesino sul mare con strade lastricate di marmo bianco, un centro storico fortificato che si arrampica su un’altura dove svetta la fortezza torreggiata, il mare blu e piazze che non sembrano aver subito il giogo del tempo.
Il nostro airbnb era delizioso, perfetto per fare qualche ora di mare, una cenetta da “Konoba Dalmatino”, una passeggiata tra i vicoli dove sono state girate alcune scene de Il trono di spade e ripartire.

Sibenik vista dalla spiaggetta 
DUBROVNIK (Ragusa, Croazia) – 2 notti
Era da tanto che sognavo di visitare questa perla del Mediterraneo, una città che per storia, cultura e bellezza attira sempre più visitatori (ahimé è un continuo sbarco di crociere) ma desideravamo anche non stare nella bolgia collettiva così abbiamo optato per un airbnb splendido appena fuori dal centro storico, a 20 minuti a piedi, nella tranquillità di un pergolato di vite e una spiaggia stupenda sotto casa.
Dubrovnik consiglio di visitarla lasciandosi trasportare non solo dalla fiumana di gente ma dalla curiosità, ogni angolo, chiesa, vicolo e vista sul mare è un vero incanto.
Da non perdere una cena in un vicolo tranquillo dove abbiamo mangiato il miglior piatto di pesce delle nostre vite, Trattoria Carmen, meglio prenotare. Un altro posticino carino che si affaccia su una piazzetta dall’atmosfera molto sicula è Kopun.

Il mare sotto casa 
SVETI STEFAN (Santo Stefano, Montenegro) – 3 notti
Il benvenuto in Montenegro ce l’ha dato la gentilissima signora Mila del nostro airbnb a Sveti Stefan che gestisce questa sorta di residence con piscina e terrazza affacciata sul mare che si è rivelato un angolo di paradiso perfetto per visitare le zone vicine che ci interessavano e fare il bagno in limpide acque turchesi.
Sveti Stefan è un paesino piccolissimo, anticamente formato solo da chiesa e case di pietra sull’isolotto, ora trasformato in resort di lusso, il contrario di quello che è la vicina Budva, considerata la Rimini del Montenegro per locali, discoteche e divertimento. Noi cercavamo la pace e la tranquillità e Sveti Stefan è perfetto, la spiaggia di sassolini è bellissima, la sera ci sono solo un paio di ristoranti tra cui scegliere e in cielo una stellata incantevole.
Il ristorante migliore a nostro avviso è quello dell’Hotel Drago, per qualcosa di più informale c’è anche Famelja Kentera.
Per il mare se ci si vuole spostare, camminando a 2km a sud c’è una serie di spiaggette con un’acqua paradisiaca, Crvna Glanija, tra cui una caletta only nudist poco frequentata che non ha nulla di che invidiare ai posti più belli del mondo.
Sveti Stefan per noi è stato anche punto di appoggio per visitare la parte sud del Montenegro grazie a un mega tour militare di una giornata.


Tramonto a Sveti Stefan 
Mausoleo di Petar II Petrovic Njegos: arrampicato su una montagna nel mezzo del nulla sorge questo monumentale tributo a un principe molto amato in Montenegro, per arrivarci si paga un biglietto di 5 euro, si possono fare tutti e 416 i gradini e godere della vista sul parco naturale fino alla baia di Kotor, splendido.

Cetinje: la vecchia capitale che si scorge dall’alto del mausoleo è una tappa obbligatoria non perché imperdibile e indimenticabile ma per capire meglio la storia e l’atmosfera rurale del Montenegro prima della seconda guerra mondiale. Cetinje è piccolina, nel centro storico sorgono delle splendide ville dei primi del Novecento tra cui l’ex ambasciata di Francia in stile art nouveau e qualche altra abitazione un po’ diroccata, c’è il famoso Monastero e un palazzotto rosso che se non ci fosse scritto mai si penserebbe che fosse la residenza ufficiale della famiglia reale. Il palazzo è oggi sede del Muzej Kralja Nikole, il museo del Re Nicola I del Montenegro che qui visse fino al 1918 quando fu esiliato in Francia.
Vale la pena visitare il palazzo per i mobili art decò, i ritratti dei monarchi del tempo e l’atmosfera intima che vi si respira, qui visse anche la più famosa principessa montenegrina figlia di Nicola, Elena, futura regina d’Italia, sposò infatti Vittorio Emanuele III di Savoia.

Virpazar: non lontanissimo dall’ex capitale si apre lo scenario naturalistico del Parco del Lago di Skadar, un’oasi non troppo conosciuta ma ricca di storia e dai paesaggi bellissimi. Virpazar è un minuscolo paesino di 4 case che funge un po’ da porta d’accesso per il parco, qui il fiume coperto di ninfee si butta nel lago e partono le escursioni turistiche per le varie destinazioni più famose. Ci sono circa 10 gradi in più di qualsiasi altro posto da cui arriverete, sembra di stare sul Mississipi ma è molto bello.

Rijeka Crnojevica: da Virpazar a questa località impronunciabile c’è una strada tortuosa che vi farà temere per la vita, è necessario che guidi chi se la senta di farlo mentre il passeggero invocherà tutti i santi facendo però delle foto al panorama mozzafiato. Arrivati in questo paesino sicuro la domanda che ci si pone è “Perché?”, infatti non è immediato il motivo per cui si visiti questo angolo del parco del lago di Skadar ma è un luogo piacevole dove trascorrere qualche ora. Qui è stato costruito per volere del principe Danilo un antico ponte di pietra e vi soggiornava anche la famiglia reale in una casa parecchio rustica. Alla fine del paese parte un sentiero che giunge alla grotta di Obod arrivando anche alla fonte del fiume che alimenta il lago di Skadar.


ZABLJAK (Montenegro) – 2 notti
Da Sveti Stefan ci siamo diretti verso l’entroterra per visitare Podgorica, l’attuale capitale, che mi sento di poter dire senza rimorso alcuno che è uno dei posti più brutti che abbia mai visitato e che potete tranquillamente saltare a piedi pari. Meraviglioso invece è il parco Nazionale del Durmitor nella parte settentrionale del paese, Zabljak è il villaggio più “turistico”, con casette di legno con il tetto spiovente, molto verde e una serie di passeggiate fare tra le montagne e i laghi glaciali della zona.
Il più famoso è il Lago Nero, a 4 chilometri a piedi da Zabljak, si paga un biglietto di 3 euro per visitarlo e una bellissima passeggiata tra i boschi e la riva lo percorre tutto, è una sorta di 8 sovrastato da un monte che viene chiamato “l’orso”, è un posto bellissimo.
Da Zabljak in una ventina di minuti si arriva al famoso ponte sul fiume Tara, un ponte costruito poco prima della seconda guerra mondiale e che era il più lungo d’Europa, fatto poi saltare dai partigiani, la bomba fu piazzata dall’ingegnere che lo costruì e che in seguito venne fucilato dai fascisti.
Un altro luogo molto affascinante è il sito degli stecci, a pochi chilometri da Zabljak infatti sorgono questi due cimiteri medievali iscritti nella lista dell’Unesco, il panorama è suggestivo e la solitudine di questi spazi ampi e sperduti vi lasceranno senza fiato.
Il nostro airbnb era delizioso, per i ristoranti siamo stati un po’ meno fortunati, abbiamo mangiato al Papagaj e al Podgora che sono due baite di montagna dove si mangia pesantino, meglio fare una passeggiata digestiva prima di dormire che è un attimo che si finisce come noi (con la faccia nel cesso per tutta la notte)

La nostra casetta a Durmitur 
Il Lago Nero 
Barbie esploratrice 
Ponte sul Tara 
HERCEG NOVI (Castelnuovo, Montenegro) – 2 notti
Dal Parco del Durmitor a Herceg Novi avevamo una tappa intermedia, giusto il tempo di visitare il celebre Monastero di Ostrog, un complesso religioso del XVII secolo incastrato nelle e sulle rocce, peccato che dopo 2 ore di curve e voltastomaco qualcuno ha pensato bene di incidentarsi sulla stradina che a malapena ha spazio per una macchina, quindi  abbiamo dovuto desistere e girare i tacchi, su google views non è poi così male.
Herceg Novi invece è un posticino incantevole, un antigo borgo con fortezza, strade lastricate e un porticciolo, il luogo perfetto per visitare la splendida baia di Kotor, l’insenatura magica di questa parte del Montenegro che affaccia sull’Adriatico.
Per una giornata d’escursione consiglio la barca Payo, salpa alle 10 dal porticciolo e rientra alle 18:30 facendo tutte le tappe più interessanti della baia: Lady of Rock, Kotor e Perast, piccoli borghi antichi affacciati sul mare che tra lo stile veneziano e le invasioni ottomane hanno una storia ricca di cultura e arte. Il mare non è il massimo, sembra più un lago ma in ogni località c’è una spiaggetta o un piccolo molo da cui buttarsi.
A Herceg Novi l’appartamento era carino eaccogliente, a due passi dal lungomare e a 10 minuti a piedi dal centro storico, per una cenetta deliziosa prenotate al Tri lipe, molto buono e super accogliente.

ZADAR (Zara, Croazia)  - 2 notti
Molto più turistica e frequentata dagli italiani, Zara è una graziosa città affacciata sul mare da cui pare si assista a uno dei più bei tramonti del mondo grazie anche al suono melodioso dell’organo del mare se solo non ci fossero orde di cinesi e gente che urla tra mimi, prestigiatori, bancarelle e suonatori di tamburi.
Il nostro appartamentino svettava sui tetti della città dentro le mura, a due passi dal centro e a portata di mano ristoranti, caffetterie e lo struscio della sera.
I ristoranti sono vari e per tutti i gusti, consiglio un carino “Pasta e svasta” in una deliziosa piazzetta che sembra di stare a Venezia e gli enormi hamburger de “La famiglia”.
Per il mare è meglio scappare da Zara e rifugiarsi a Punta Skala nei prezzi di Peterzane, acqua cristallina, moli da cui tuffarsi e piccole spiagge di sassi bianchi con alle spalle pinete ombreggiate, un paradiso.

Camera con vista - Zara 
Il mare a Peterzane 
MEDULIN (Medolino, Croazia) – 2 notti
Abbiamo scelto questa ultima tappa a caso per non stare a Pola (dove siamo stati una sera a mangiare) e che avesse vicino il mare, un piccolo paesino con un orrore di zona sul porto con ristoranti beceri e menù turistici ma per fortuna noi eravamo nel centro storico in un airbnb carino e gestito dalla Vivi, un’adorabile signora che ci tiene a non essere chiamata signora perché lei è solo la Vivi e che si è sempre rivolta a noi con appellativi gentili quasi zuccherosi come ragazzi cari, stelline, gioie, salutandoci a fine vacanza con bacioni grandiosi. Il mare a Medolino è bello nella zona del campeggio verso l’isolotto, altrimenti vale la pena andare a Kamenyak, una penisola che ora è una riserva naturale con spiagge, calette e scogliere che si tuffano nel mare blu. Ci si accede in macchina con 80 kune (circa 12 euro) e si può girare in lungo e in largo.
Il ristorante più carino è quello dell’hotel Laura nel centro del paesino, vi servirà un anziano garbato signore lontano dagli orrori al neon della zona sul mare.

Pola 

È stato un viaggio bellissimo, ricco di paesaggi, storia e multicultura, ovviamente questi sono piccoli tips, a noi piace anche un po’ l’avventura e perderci nei posti, mangiare male e riderci sopra, passare in un paesino sconosciuto e farci incantare da un’unica piazzetta oppure evitare appositamente un luogo troppo turistico perché ognuno viaggia come gli si addice e non ci sono regole quando si tratta di curiosità e vacanze.


MODA E SOSTENIBILITA' NEL NOSTRO PICCOLO

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Crediti foto: http://dressthechange.org/

Era il 2003 o il 2004 quando a Milano appare sul corso principale un negozio mai visto prima, stracolmo di vestiti a pochi euro, dal design e dallo stile più cool delle altre catene che eravamo abituati a frequentare in quella fase della vita in cui si è troppo piccoli per avere un proprio stile riconoscibile e troppo (stupidi) grandi per seguire i consigli di mamma e papà che ti vorrebbero ancora in Loden e Barbour. H&M da quel momento è diventato meta di scorribande e di inutili compulsioni d’acquisto quando saltavo la scuola prima e tra una lezione e l’altra in Università dopo, “Ma sì dai 9,99 euro che saranno mai” per l’ennesima t-shirt dal colore improponibile accumulata in un armadio sempre troppo pieno. Il cosiddetto fast-fashion si è insinuato nel nostro gergo comune e nel nostro quotidiano, presi dalla voracità di un prezzo iniquo e dal desiderio di avere ampia scelta quando è il momento di vestirsi, non importa l’etichetta, il made in che è sempre un posto molto lontano dove l’occhio non vede e i loro contratti di lavoro sono proprio l’ultimo dei nostri problemi. La maturità di ripensare al modo in cui mi vesto nel mio caso è giunta grazie a una serie di traslochi (quanta roba si butta e quanta se ne tiene per ributtarla al successivo cambio di stagione?), grazie a delle vere e proprie retate negli armadi di Nonni e prozii (perché i loro tessuti sono perfetti 40 anni dopo e le mie non fanno un inverno?) e soprattutto alla situazione ormai stremata del nostro pianeta.

Il settore del fashion è il secondo più inquinante dopo il petrolio e anche se ci sentiamo sempre piccoli piccoli di fronte a queste realtà non si può ignorare l’argomento perché tanti pezzi fanno un grande puzzle e basta un cambiamento anche minimo per sentirsi migliori, parte di una stessa barricata e influenzare chi abbiamo attorno a fare la stessa cosa.
Ho sempre preso i mezzi pubblici e sono sei mesi che vado solo in bicicletta, sono fiero di questa abitudine e so che è un piccolo contributo ma mi fa stare meglio con la mia coscienza e con uno stile di vita che mi appartiene di più, nel limite delle possibilità fa bene a ciascuno di noi cambiare abitudini, che sia fare un pezzo a piedi, organizzarsi per andare a lavoro con colleghi o amici, prendere un tram in più.
E per quanto riguarda la moda? Rinunciare o arrivare a un compromesso?


Non mi piacciono gli estremismi perché nella maggior parte nascondono alla base un certo velo ipocrita che sembra trasparente ma non lo è. Demonizzare il fast fashion non è la mossa giusta perché non tutti si piegano al senso di colpa, è più utile invece l’informazione, il ritorno alla comprensione del testo quando leggendo un articolo a riguardo, ascoltando una conferenza o semplicemente un’etichetta so cosa sto comprando. È questione di educazione per tanti versi, io per esempio sono cresciuto imparando in famiglia dove cercare le etichette nei vestiti, capendo con il semplice tocco se un tessuto è 100% cotone o misto sintetico, arrivando così a scegliere con la mia testa se “vale la pena”.

La maturità ti porta anche alla fatidica frase “Preferisco comprare un capo classico che mi dura piuttosto di tre alla moda che devo buttare dopo una stagione”, un passaggio anche festeggiato con bollicine, brindisi e “te lo avevo detto” da mia madre.
Ormai le aziende, anche di fast fashion, per marketing o coscienza poco importa, tendono a creare capsule interamente sostenibili, capi con tessuto riciclato, pack biodegradabile, interessandosi a una ricerca più specifica nella riduzione dell’impatto ambientale. Come in tutte le cose abbiamo la possibilità di scegliere se essere attenti e ragguardevoli nei confronti del tema oppure dire “va beh ma chissene frega” e pensarci un domani che non si sa quando e se arriva.

Possiamo iniziare a pensare subito al vintage e al second hand quando desideriamo un certo tipo di capo, perché lasciare inutilizzati capi ben tenuti e non dar loro una nuova vita? E’ da sempre una mia passione, credo che almeno il 70% del mio guardaroba sia vintage, ereditato o acquistato in un mercatino, (sul mioprofilo IG nelle stories in evidenza c’è una sezione dedicata sui negozi vintage di Milano).
Quando in preda a un vortice di minimalismo decidiamo di buttare tutto perché liso e testimone di uno stile che per fortuna non ci appartiene più, perché non fare sacchi e consegnarli a chi sta peggio di noi o dove raccolgono tessuti per poi riciclarli?

Un’altra strada è il prestarsi i capi, gli accessori, i capispalla nel vostro cerchio di amicizie, all’estero è uso comune che un gruppo di amiche ogni mese faccia una valigia da passarsi a giro in modo da variare l’abbigliamento, certo è che non sempre risulta facile trovare amiche disponibili e con stessi gusti e taglie, funziona meglio tra coppie forse (io e Luca spesso compriamo insieme e dal giorno in cui abbiamo unito il guardaroba è impossibile pensare “Non ho nulla da mettermi”).
A Milano una ragazza dalla grande creatività e da uno spiccato senso etico hadeciso di iniziare un servizio di noleggio che ti permette di ricevere entro 1h una borsa firmata, che sia per un’occasione, una prova prima di comprarla o semplicemente avere per qualche giorno, o fino a un mese, la tua borsa dei sogni.
Anche le scarpe diventano più sostenibili grazie al brand ACBC, con un invisibile meccanismo a zip è possibile intercambiare le scarpe mantenendo la stessa suola che è la parte più inquinante dal punto di vista produttivo.

Le intenzioni ci sono ed è bello che ci sia una maggior attenzione al tema e allo sviluppo delle tecnologie che ne limitano il danno, perché il mondo è uno e non possiamo permetterci di distruggerlo come stiamo facendo.




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